Dovettero imparare prima a nascondersi e sfamarsi, poi a combattere una guerra diversa da quella che avevano appreso nelle fila dell’esercito, quei pochi a cui era stata insegnata. Molti di loro erano poco più che ragazzi, nelle fotografie che ci hanno lasciato stupisce la loro aria a volte spavalda, come incosciente del pericolo o di sfida alla sorte.

Per quel popolo variegato che si sarebbe riconosciuto nel termine di partigiani, imparare a combattere e a nuocere al nemico fu esercizio faticoso, puntellato di fallimenti e di caduti, ma riuscì prima di quanto non si potesse credere: già pochi mesi dopo l’8 settembre del 1943, fascisti e tedeschi sapevano quanto fosse pericoloso avventurarsi in valle, al punto da sospettare reciprocamente patteggiamenti segreti coi partigiani pur di essere lasciati tranquilli.

La guerra di Liberazione fu lunga e dolorosa. Un conteggio delle vittime in valle fa conto di 70 civili di cui 8 per il fuoco alleato, 175 partigiani tra le fila dei GL, tanti ne riporta l’Albo d’Onore dei caduti della V Div. pubblicato subito dopo la guerra, e 48 tra le fila dei garibaldini, tanti ne elenca il Comune di Luserna che allora comprendeva tutta la Val Luserna, in una stima datata 1996. Centinaia le case bruciate, incalcolabili le confische e l’impoverimento della popolazione.

Sotto, la cronistoria di venti mesi di guerra di Liberazione in valle.

Venti mesi di Resistenza

Lampi di guerra

ATTENZIONE: Le miniature di alcune poche fotografie sono schermate perché il contenuto della fotografia può ferire un osservatore sensibile. La fotografia però è offerta senza schermatura, quindi non selezionare una miniatura schermata se non si è consapevoli.

Avvertenze

Selezionare tra i fondi delle sezioni ANPI della Val Pellice le fotografie che possano accompagnare un racconto della Resistenza in valle è una operazione delicata di cui vanno dichiarati in anticipo i criteri.

La Val Pellice non ha avuto il suo Ettore Serafino, il comandante fotoamatore delle formazioni autonome della Val Chisone, o il suo Carlo Buratti, il dottor “Aspirina” delle bande del biellese che, curioso fotoamatore, ci ha lasciato preziosissime diapositive a colori della sua guerra partigiana.

Le fotografie che ritraggono i nostri partigiani sono per lo più ritrattistica, in pochi casi risalente al periodo della clandestinità, spesso ai giorni della Liberazione e alle settimane successive.

Se vogliamo cercare documentazione fotografica prossima quanto più possibile ai fatti e alla realtà della guerra, occorre escludere la pura celebrazione e rievocazione e selezionare tra la ritrattistica quanto sia meno condizionato dalla postura.

In base a questa distinzione, abbiano riportato nell'”Album di famiglia” dell’area tematica “La nostra gente” le fotografie del genere ritrattistico sia risalenti al periodo della clandestinità che successive, sotto “Lampi di guerra” dell’area tematica “La nostra guerra di Liberazione” le fotografie più prossime ai fatti di guerra fino ai giorni della Liberazione, e nell'”Album dei ricordi” dell’area tematica “La nostra memoria” tutte le fotografie successive.

In “Patrimonio fotografico” nella stessa area, le fotografie invece sono presentate per fondo, senza alcuna selezione.

E’ una operazione delicata ma possibile e utile. O più precisamente, indispensabile.