“Penso che nel ’45 si sarebbe dovuto fare di più.” Sono le parole con cui si conclude il memoriale manoscritto di Domenica “Gina” Saracco. Non sappiamo quando le scrisse, certamente prima dell’aprile 2005, 60° anniversario della Liberazione, dato che quel memoriale fu pubblicato su un opuscolo dei comuni di Osasco, Prarostino e San Secondo stampato proprio in quell’occasione. “Ho fatto la staffetta” fu il titolo che gli venne dato, ma Domenica “Gina” Saracco era stata molto più che una staffetta.

Così la ricordava riforma.it quando morì, nel marzo del 2020.

La sua scelta partigiana inizia nel 1943, mentre frequenta l’ultimo anno delle magistrali. Pur giovanissima rimane colpita dalle vicende dell’8 settembre e particolarmente segnata dai rastrellamenti a Prarostino e dalla fucilazione del tenente Sansone. Ma alla maturazione della sua scelta non sono certo estranei i lunghi colloqui con Camilla Ravera, all’epoca clandestina a San Secondo.
Così nei primi mesi del 1944, la futura maestra inizia il suo impegno nella Resistenza che, con la chiusura dell’anno scolastico, diventa militanza a tutti gli effetti nella squadra di Erminio, zona S. Secondo-Prarostino.
L’attività partigiana di Gina è molto intensa e varia, e diventa spesso oggetto di perquisizioni e controlli. Opera prevalentemente nell’area del vigonese ma contemporaneamente entra in stretto rapporto con il gruppo clandestino di Pinerolo del Partito d’Azione – Giustizia e Libertà: Zaro, Borgna, Giolito, Verdi (Aldo Guerraz).
Dopo la Liberazione il suo impegno prosegue prima nel PdA, poi nel PSI. E in rappresentanza di questo, ricoprirà nel 1970 la carica di Assessora all’assistenza nell’Amministrazione comunale di Nichelino.”

(Con Walter Gardiol)

Quando scrisse “Penso che nel ’45 si sarebbe dovuto fare di più.” Gina aveva poco meno di ottant’anni e stava per diventare vedova del suo secondo marito, Medino Modonese, commissario di guerra della brigata Germanasca della 5^ Divisione G.L. Sergio Toja. Lontani i tempi del fervore della prima giunta Marchiaro, quando Nichelino, grande dormitorio operaio, era il comune capofila della “cintura rossa” di Torino, lei vi insegnava e ricopriva la carica di assessore.

Non è difficile immaginare chi avrebbe dovuto fare di più e cosa avrebbe dovuto fare di più. I partigiani, certo; ma non direttamente loro, i partigiani combattenti che hanno di sicuro fatto tutto quel che potevano, non il partigianato ma la sua espressione politica all’indomani della Liberazione, tutti i partiti di quello che sarebbe diventato “l’arco costituzionale”, premurosi di chiudere un capitolo vergognoso, di assolvere e di assolversi, di cancellare e dimenticare.

E cosa si sarebbe dovuto fare di più? Gina è molto esplicita sulle disillusioni all’indomani della Liberazione: partigiani che non possono nemmeno votare perché troppo giovani, fascisti riciclati nelle varie liste sia a destra che a sinistra, l’amnistia per i fascisti, “la mazzata più tremenda”.

Gina non pensava certo ai tribunali del popolo..; ma che la Resistenza potesse avviare una profonda riflessione collettiva capace di trasformare le coscienze, di andare a fondo della follia collettiva che aveva fatto acclamare il duce persino quando aveva annunziato che la dichiarazione di guerra era stata consegnata agli ambasciatori di Gran Bretagna e di Francia…

(La maestra Domenica Saracco Lanteri con la sua classe, Nichelino 1964, foto Maria Teresa Baudracco da www.nichelino.com)

 

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