Nell’estate del 1944 reparti della Wehrmacht, forze di polizia germaniche e truppe della Repubblica Sociale Italiana investirono le valli Susa, Chisone, Germanasca e Pellice in quella che in codice era stata denominata Operazione Nachtigall volta ad allontanare la presenza partigiana dai confini con la Francia.

La Val Sangone, stretta tra le prime due, si vide chiudere i collegamenti a monte e sottoporre a scorrerie e rastrellamenti da parte delle brigate nere “Ather Capelli” ed “Ettore Muti”.

Fu nel corso di una di queste scorrerie, il 15 agosto, che Felice Cordero di Pamparato detto “Il Campana”, che comandava la brigata omonima, cadde in mano nemica per un tragico equivoco conseguenza dei suoi problemi di vista.

Venne impiccato il 17 al balcone di casa Giai, presso l’Albergo Centrale in piazza della stazione a Giaveno, insieme a tre partigiani che avevano condiviso con lui i giorni di prigionia: Giorgio Baraldi, militante del Partito Socialista, Vitale Cordin di Villar Pellice e Giovanni Vigna di Bobbio Pellice. Questi ultimi avevano fatto parte delle formazioni GL della Val Pellice fin dall’autunno-inverno del 1943, ma nella primavera del 1944 avevano risposto ai bandi di reclutamento Graziani per subito dopo disertare. Immediatamente ripresi, erano stati condannati a morte per impiccagione, condanna che fu eseguita quel giorno.

I quattro corpi, legati col filo di ferro, restarono appesi al balcone fino a quando i nazifascisti lasciarono il paese. A Cordero di Pamparato i partigiani della Val Sangone dedicarono il palazzo che ospitò il loro comando nel corso della liberazione di Torino, sede universitaria oggi nota come “Palazzo Campana”.

Qui la biografia di Felice Cordero di Pamparato.