Questi sono partigiani della squadra di Cheto Zoppi, formazione della V Divisione GL. Sono in posa a San Secondo di Pinerolo nei giorni della Liberazione.

A ottant’anni di distanza il significato di questa fotografia non è del tutto evidente, per coglierlo dobbiamo sapere qualcosa che concerne la bicicletta.

Ecco quanto Giulio Giordano, che della V Divisione GL è stato commissario politico, racconta a una classe di studenti l’11 dicembre del 1998 :

“La bicicletta allora era il ‘non plus ultra’, era essenziale in pianura: non potevi muoverti senza. Camion e motociclette servivano per le azioni: le macchine non c’erano… La bicicletta era la vita; senza bicicletta le squadre in pianura erano finite.

Come potevi procurarti la bicicletta? Requisendola a chi l’aveva. [Era una] requisizione antipatica, portava sempre lamentele e contrasti: qualche volta fermavi uno che aveva un biglietto del comando che lo autorizzava a circolare in bicicletta, questo per evitare di requisire biciclette alle staffette.

Quando sono andato a finire in pianura, dovevo avere una bicicletta e su ad Angrogna, dove facevamo il Pioniere, non c’erano biciclette.

Siamo capitati io e Medino [Modonese] a Bricherasio. Lì la squadra di Bricherasio ci ha detto di andare a prendere la bici a ‘quello’ e a ‘quello’: siamo andati a prendere la bici a ‘quello’ e a ‘quello’, che io naturalmente non avevo mai visto, né conosciuto. Medino non so a chi diavolo l’avesse requisita, io l’ho requisita ad un certo Caneparo, che era il direttore della Cassa di Risparmio. Ho preso la bici e gli ho dato il buono, poi me ne sono andato.”

Soffermandoci di nuovo sulla fotografia alla luce di quanto racconta Giordano, la posa della squadra di Cheto Zoppi ci appare per quello che è: un dispiegamento di forza ed efficienza militare. Per quanto possa sembrarci strano, la squadra che si fa fotografare vuole apparire né più né meno che un reparto “motorizzato”. La fotografia potrebbe a ragione essere titolata “Reparto motorizzato della squadra Cheto Zoppi”.

Ma, sempre alla luce di quanto racconta Giordano, la fotografia potrebbe avere un altro e più controverso titolo: “Ladri di biciclette”?

Quelle biciclette in effetti sono state tutte requisite, e su questa storia delle requisizioni ogni tanto riaffiora una vecchia polemica: si è trattato di furti, di acquisti, di donazioni..?

Giordano ci dice che ha preso la bici al Caneparo, suo legittimo proprietario, e gli ha rilasciato un buono. Una cosa così:

o così

Sono titoli di credito da riscuotere quando tutto sarà finito, una sorta di cambiale, e in effetti subito dopo la guerra il governo riscatterà questi buoni, darà ai possessori la corrispondente somma in denaro: operazione che possiamo immaginare piuttosto delicata. Anche supponendo che tutti i protagonisti fossero animati dalle migliori intenzioni, non sarebbe difficile trovare qualche scontento.

Non si può negare che alla Intendenza, come veniva chiamata questa attività di rifornimento di materiale diverso dalle armi per vie diverse dell’agguato e dall’assalto armato, i comandi partigiani abbiano dedicato molta attenzione: quando c’erano i soldi pagavano in contanti a prezzi di mercato, quando non c’erano usavano il sistema dei buoni; hanno diramato istruzione per fissare una sorta di “equo” indennizzo, hanno privilegiato la requisizione di beni già dati all’ammasso, cioè a dire già requisiti da fascisti e tedeschi, che venivano in qualche modo tolti a loro non alla popolazione, e in tali casi hanno spesso distribuito alla popolazione parte dei beni obbligatoriamente forniti all’ammasso. Ed hanno vigilato sugli eccessi, su partigiani un po’ troppo “sbrigativi”; lo stesso Giordano cita il caso della “requisizione di un animale fatta male da parte di un partigiano ‘balengu’”, e addirittura di uno scontro a fuoco tra partigiani per fermare una squadra che andava avvicinandosi troppo al “brigantaggio”.

Ma nonostante tutto la parola furto riappare, a mo’ di insulto.

Ma se vogliamo nel momento in cui li si taccia di essersi macchiati di furto, ai partigiani viene implicitamente riconosciuto uno status morale diverso e superiore a quello di un esercito occupante e oppressore. Nessuno, di questi revisionisti della storia rinfaccia le requisizioni a tedeschi e fascisti, il furto è una componente costitutiva della loro organizzazione e della loro presenza nel territorio. L’accusa viene rivolta alle formazioni partigiane perché il loro legame col territorio, con la popolazione, la loro volontà di rappresentarne la difesa e dar corpo alla rivolta generale rende molto delicata ogni operazione di ricerca dei mezzi di sostentamento.

La faccenda è stata delicata, si è fatto tutto quel che si è potuto, ci sono stati degli errori ma… la squadra di Cheto Zoppi aveva ben motivo di mettersi in posa il giorno della Liberazione con le sue biciclette requisite, senza di quelle non avrebbe potuto essere là quel giorno e non avrebbe potuto ridare dignità all’Italia uscita da vent’anni di fascismo.