Se i mesi che precedettero la Liberazione dovettero essere concitati per Paolo Favout, il comandante Poluccio della V Divisione Giustizia e Libertà “Sergio Toja”, non meno dovettero esserlo quelli immediatamente successivi, seppure meno drammatici. Paolo volle dirigere la smobilitazione e il ritorno a casa dei “suoi” uomini, e si preoccupò di fornire opportunità di lavoro a quei ragazzi che erano stati risucchiati dalla guerra prima che potessero imparare un mestiere.

E tra una cosa e l’altra ubbidì a quello che sentiva come un imperativo morale, onorare la memoria dei caduti, elencarli e ricordarli in un Albo d’Onore che diede alle stampe solo due o tre mesi dopo la Liberazione.

Sfogliare quell’Albo a tanti decenni di distanza è tutt’altro che un fatto lugubre; ne emerge, come scrisse Gustavo Malan, la storia della Quinta come in filigrana, e quello stillicidio di fototessera, quelle date di nascita così vicine a quelle di morte, danno la dimensione dell’orrore della guerra.

Come ha rilevato lo stesso Gustavo, l’Albo non manca di errori. Più che comprensibile, dati i tempi, e cosa in fondo non tanto importante da cambiarne il significato. Ma sono errori che in ogni caso vanno corretti. Con grande rispetto per il documento, per le intenzioni che l’hanno ispirato e per il suo significato.

A pag. 42 l’Albo riporta Usseglio Anselmo, caduto a Riaglietto, frazione di Pinerolo nei pressi di Abbadia Alpina, il 9 ottobre del 1944. Leggiamo che Anselmo era “di ritorno dal proprio Comando”, che fu “irretito in un’imboscata tesagli dalle S.S. tedesche in fondo valle”, e che “cadde senza nulla svelare che potesse giovare al nemico”.

La storia di Anselmo Usseglio è molto diversa: è stata raccontata dal fratello Mario e pubblicata in “Prarostino, una comunità ribelle” di Valter Careglio e Gianvittorio Avondo, nel 2009.

Vi leggiamo, in una nota d’appendice a firma Gianvittorio Avondo:

Il primo caduto della resistenza pinerolese

Pochi sanno che qualche giorno prima della tragica rappresaglia del 17 0ttobre 1943, il piccolo reparto prarostinese aveva già perso un suo componente il primo, in ordine di tempo, tra gli oltre 600 morti partigiani per cui tutte le notti risplende il faro di S.Bartolomeo. Si trattava di Anselmo Usseglio, pinerolese, classe 1923, che cadde in un agguato tesogli dai tedeschi probabilmente a seguito di un’imbeccata.

Tornato da Novara, ove svolgeva il servizio militare in fanteria, questo giovane, come d’altronde un altro fratello ed una sorella (Anna Maria, anch’essa caduta nel ’44) non stette ad esitare e saputo che sulle colline pinerolesi alcuni sbandati avevano formato un gruppo di resistenti, vi aderì entusiasticamente. E’ il fratello Mario a ricordare in modo curioso il momento della scelta:

“… prima di andare nei partigiani si erano trovati tutti sul ponte di Riaglietto: i Simionato, i Pomo… c’erano tutti, allora si sono detti dove sarebbero andati: chi voleva andare nei fascisti, chi nei partigiani… Mio fratello era a Novara militare e ha fatto una vita da cane per arrivare a casa.. Erano tutti giovani insieme e Simionato diceva che lui, suo fratello Sergio, il padre e un altro fratello più giovane sarebbero andati tra i fascisti…”

Dalle colline che circondano Pinerolo, ove operava la Banda Sansone, Anselmo scendeva spesso, teneva i contatti con la famiglia e soprattutto si occupava dell’approvvigionamento alimentare. Venerdì 8 ottobre 1943, ad un mese esatto dall’armistizio, egli era sceso a Riaglietto, aveva fatto una rapida visita ai genitori, aveva chiacchierato con il padre, mutilato della grande guerra e si era recato a far provvista di carne presso un macellaio di sua conoscenza. Il mattino del sabato, di buon ora, era partito da casa, attraverso i campi aveva raggiunto la cappelletta della SS. Sindone, posta sulla sponda destra del Chisone e si apprestava a guadare il corso d’acqua, probabilmente in stato di secca come accade al termine della stagione estiva. E’ qui che egli fece l’incontro che gli fu fatale; un colpo d’arma da fuoco (udito dal fratello Mario, che lavorava nei campi a breve distanza), uno squarcio nell’addome e la solitudine di chi muore dissanguato, cosciente, ma incapace di muoversi e di gridare. E’ ancora il fratello che racconta:

“E’ stato colpito con una pallottola dum-dum, ma non è morto subito; lo hanno poi ancora portato all’ospedale, ma alla sera il dottor Milano mi ha detto che se lo avessero portato prima, forse se la sarebbe cavata. E’ morto dissanguato. Simionato mi ha detto che se lo avesse incontrato lui certo non si sarebbero sparati, ma lo hanno incontrato i tedeschi… Mi ha anche detto che è andata meglio così, perché se io lo avessi visto e lo avessimo portato via, all’ospedale, sarebbe successo il finimondo e anche noi avremmo passato dei guai. Abbiamo poi saputo dopo che c’era stata una che aveva fatto la spia a mio fratello e avevamo fatto la denuncia ai carabinieri, ma non c’erano prove…”

Chi ha redatto l’Albo ha semplicemente sbagliato l’anno della morte di Anselmo, l’ha datata 9 ottobre 1944 anziché 9 ottobre 1943. E da lì è incorso in una serie di errori a cascata: a quella data un partigiano ucciso dai tedeschi a Riaglietto non poteva che militare nella V GL, non poteva che trovarsi a fondo valle perché era sulla via del ritorno dal comando di raggruppamento, e non poteva che essere morto senza nulla rivelare al nemico, diversamente ci sarebbe stato un seguito nefasto.

In realtà un anno prima, nell’ottobre 1943, la V GL non era ancora costituita, all’epoca si andavano formando qua e là bande di antifascisti e di soldati fuggiti dalle caserme. Lo stesso gruppo di cui faceva parte Anselmo, quello del capitano Gioachino Matteis e dei tenenti Giuliano Arca e Tonino Sansone, un pugno di uomini che avevano trovato rifugio a San Bartolomeo, non aveva contatti con altri né orientamento politico.

Domenica “Gina” Saracco, che andò varie volte a trovarli per portare rifornimenti, ha raccontato che con ogni probabilità non avevano nemmeno la percezione corretta della realtà che l’arrivo dei tedeschi dopo l’8 settembre aveva determinato, del precipitare della situazione verso la guerra civile e la guerra di liberazione. Tant’è che, ha detto, Sansone morì al primo rastrellamento in un modo abbastanza ingenuo: i suoi uomini fuggirono e si affiliarono ad altre bande, ma lui cadde solo perché essendo un ufficiale aveva la pistola nella fondina e mai avrebbe pensato che tanto bastava per essere ucciso.

A leggere i resoconti di queste prime settimane successive all’8 settembre, l’errore in cui è incorso l’Albo a proposito di Anselmo Usseglio, appare come ben poca cosa.

L’esecuzione ad esempio di Tonino Sansone, che nei resoconti di testimoni quali Gina Saracco e Egidio Paschetto (citato da Avondo) è eseguita sul posto, dovuta al semplice fatto che Sansone era stato trovato in possesso di una pistola, nel racconto che ne fa Antonio Prearo, il Capùn della V GL, nel suo libro “Terra ribelle”, diventa mito:

Battuti a sangue, insultati nel più volgare dei modi, essi [De Matteis e Sansone] non dissero una parola che potesse comunque compromettere i loro uomini. Le loro facce, percosse insistentemente col calcio delle pistole, divennero ben presto irriconoscibili. Fermi contro il muro, colle braccia tenute sollevate per ore, i loro corpi furono pestati col calcio dei fucili. Ma non parlarono. Inferociti i Tedeschi trascinarono nel cortile il Tenente Sansone e lo trucidarono.

In tutto questo, succede che alcune storie si perdano…

Come quella di Anna Maria, sorella di Anselmo: di lei si sa che pochi mesi dopo l’uccisione del fratello, che non aveva ancora compiuto vent’anni, andò a raggiungere i partigiani. La base dati del partigianato piemontese (qui) la dà tra i garibaldini della 105ª dopo qualche settimana passata in una non meglio specificata formazione autonoma. Lì sarebbe rimasta fino al 16 dicembre 1944, data a partire dalla quale è data per dispersa…

Semplicemente inghiottita da quel terribile inverno 1944 in cui le rappresaglie e le vendette fasciste sono rese più capillari e feroci dalla certezza della sconfitta, il comando alleato invita i partigiani alla sospensione delle attività, le formazioni partigiane si riorganizzano e scendono verso la pianura.

(Ringraziamo la Sig.ra Luisella Usseglio, nipote di Anna Maria ed Anselmo, per averci segnalato l’errore ed averci fornito documentazione per le necessarie verifiche.)