Nel 1989 la Tipografia L’Alpina di Torre Pellice, che grazie a una piccola produzione locale sopravviveva più male che bene alla rivoluzione della fotocomposizione e del desktop publishing, decise che era venuto il momento di liberarsi di una ingombrante Heidelberg “N”, e la vendette per ferro vecchio a un feramiù per la modica cifra di 300 mila lire, poco più di 300 € in moneta attuale.
E così un bel giorno un manipolo di persone si affaccendò davanti al civico 23 di Via Arnaud per tirar fuori il macchinario dalla tipografia e caricarlo su un camion…
Le operazioni furono abbastanza complesse, dato il peso e l’ingombro del macchinario. Sappiamo che ci volle tutta la mattinata per portar la Heidelberg fuori, sulla strada. Lo sappiamo perché ci fu un testimone attento ed interessato: Sergio Benecchio, titolare del Bar Sport che aveva il suo ingresso giusto a fianco della tipografia.
Qui non è questione di dire che i baristi sono da mettere a fianco di barbieri, parrucchiere e tassisti quanto a tendenza a impicciarsi dei fatti degli altri, di questo non sappiamo. Quello che possiamo dire con assoluta certezza invece è che il Benecchio, che peraltro ospitava nel suo bar una “biblioteca di quartiere” costituita di lasciti e libri reperiti qua e là, era (ed è) un accanito conservatore di memoria, e conosceva bene quella macchina tristemente avviata alla fusione.
Quella Heidelberg non era una rotativa anni Trenta qualsiasi: era la macchina che, proveniente dalla Nebiolo, rinomato produttore di caratteri e attrezzature tipografiche di Torino, era stata portata pezzo su pezzo a Torre Pellice all’inizio degli anni Quaranta, era la macchina da cui era uscita gran parte della produzione stampa clandestina del movimento resistenziale, praticamente “la tipografia” del Partito d’Azione piemontese. Da essa era uscito in particolare “Il Pioniere”, il settimanale clandestino delle formazioni Giustizia e Libertà della Val Pellice, ispirato e diretto da Gustavo Malan, e si dava il caso che Sergio Benecchio avesse un rapporto non sappiamo se fraterno, filiale o amichevole con Gustavo, che nonostante alcune asperità di carattere acuite dalla vecchiaia era pur sempre un personaggio rispettato e carismatico.
Sergio Benecchio lasciò che gli operai tirassero fuori la Heidelberg dall’Alpina e poi andò a riferire a Gustavo, Gustavo andò a protestare con l’allora sindaco di Torre Pellice Marco Armand-Hugon, e Marco decise che il comune avrebbe salvaguardato il reperto storico e in attesa di una destinazione d’uso lo fece depositare in un magazzino comunale a San Ciò.
E lì si trova a tutt’oggi, le fotografie di Paola Mongelli, che riproduciamo per sua gentile concessione, ce lo documentano. Le sue condizioni sanno di memoria e allo stesso tempo di oblio.
Nulla sappiamo delle 300 mila lire che l’Alpina sperava di incassare dall’alienazione, ma possiamo essere ragionevolmente certi che mai e poi mai un sindaco avrebbe potuto disporre sull’unghia di una tale somma, e quindi siamo autorizzati a pensare che l’Alpina abbia rinunciato all’introito e chiusa lì. A ulteriore dimostrazione della sua dedizione alla causa della Resistenza.
La vicenda pone mille interrogativi sulla memoria e sull’oblio. Nessuno sa dire come e perché la Heidelberg che stampò i “Quaderni di Giustizia e Libertà” e “Il Pioniere” possa uscire da quell’indegno magazzino per una strada diversa dall’altoforno. Ci vorrebbero soldi per prelevarla e per restaurarla, e soprattutto ci vorrebbe un locale dove abbia senso metterla. Certo, il suo posto sarebbe il Museo della Stampa Clandestina di Torre Pellice, ma non c’è spazio e per farla entrare bisognerebbe abbattere un muro; a meno di trasferire il museo in una sede più spaziosa… Impensabile con le finanze pubbliche, e difficile sperare un intervento di mecenatismo privato. Per dire: proprio oggi si inaugura la mostra “Noi scriviam la nuova storia”, dedicata appunto alla stampa clandestina della Resistenza in Val Pellice, non dovrebbe quella macchina fare bella mostra di sé all’ingresso?
Detto ciò..: ha senso conservare reperti senza una prospettiva di utilizzo, senza un possibile significato di quel gesto di memoria? Da un lato forse sì, in attesa che magari un domani si creino condizioni diverse. O in attesa che la ruggine finisca il suo lavoro o arrivi una nuova generazione di uomini senza cuore e memoria.