Sabato 5 agosto mio amore caro dato come si sono svolte le cose temo non ci sia oggi più speranza sia fatta la volontà di Dio penserò sempre a voi tuo Willy
Sono le ultime parole di Willy Jervis, incise con una punta sull’ultima di copertina di una piccola Bibbia che gli era appartenuta, ritrovata nella piazza di Villar Pellice in cui fu fucilato e appeso a un albero dai nazifascisti, quel 5 agosto del 1944.
Sulla copertina aveva inciso: “Dio vi benedica e vi guardi ci rivedremo certo lassù bacia i bimbi per me sii forte per loro”.
Messaggi intimi e privati indirizzati alla moglie Lucilla, ben lontani dalle ultime parole che la retorica post-resistenziale gli attribuisce, quel “Non piangetemi, non chiamatemi povero; muoio per aver servito un’idea” riportato fin nella motivazione del conferimento della medaglia d’oro al valor militare alla memoria, nel 1950.
Willy però ha effettivamente scritto un “Non piangetemi, non chiamatemi povero; muoio per aver servito un’idea”, o meglio: ha scritto qualcosa che gli somiglia. Perché il contesto era diverso, la forma era diversa, lo era il tono e l’intenzione.
Willy non si rivolgeva a tutti, non si rivolgeva ai suoi posteri (“Non piangetemi” implica la consapevolezza della propria morte e l’idea di sopravvissuti che leggano), e soprattutto non dettava un proclama. Il 17 luglio del 1944, quando era in carcere alle Nuove a Torino, Willy scrisse a matita sul retro bianco di una lettera ricevuta da Lucilla: “Non compiangermi, né chiamarmi povero. Muoio per aver servito un’idea”.
E’ comprensibile che un messaggio così forte ci coinvolga al punto di sentirlo diretto a noi stessi, di farci ritenere di avere il diritto di appropriarcene e di creargli la forma e il contesto “adeguato”. Anzi, da un certo punto di vista è il migliore omaggio che possiamo rendere alla memoria di Willy. A patto però di ricordare che è probabile che Willy Jervis non avrebbe mai voluto creare il mito di se stesso.
Come scrisse un anonimo redattore sul numero 4 del 26 agosto 1944 de “Il Partigiano Alpino”, edizione lombarda:
Mi chiedevo stanotte perché mi fossi tanto attaccato a Willy, che pure avevo conosciuto poco e da cui ero così diverso per cultura, interessi, abitudini. E la risposta la trovavo proprio in quel mirabile senso di saldezza morale che spirava da tutta la figura di Willy, in quella semplicità lineare con cui accettava ogni compito, scevra da quelle scorie di ambizione, di intellettualismo, di machiavellismo che troviamo nell’opera di alcuni nostri compagni…