Primo della serie di 12 Quaderni multimediale sulla Resistenza – Scuola e Territorio
Ricerca triennale delle classi
a.s. 1997-’98: 1ª B/IGEA e 5ª B/PNI
a.s. 1998-’99: 1ª A/IGEA e 4ª A/Op.Tur.
a.s. 1999-2000: 2ª A/IGEA e 5ª A/Op.Tur.
dell’Istituto Tecnico Statale Commerciale e Professionale per il Turismo “L. B. ALBERTI” di Luserna S. G. e Torre Pellice
Coordinata dai Proff. Luigi Bianchi e Marisa Falco

Qui il sito originario
Qui abbiamo raccontato la storia dei Quaderni

Leggi la versione solo testo.

[fine]

Finito di stampare presso Alzani Arti Grafiche – Pinerolo (To) nel mese di Dicembre 2000

Ringraziamenti

Questo lavoro è stato pubblicato grazie al contributo di Enti, Associazioni e privati.

E’ stato determinante il contributo della Regione Piemonte attraverso il Comitato Resistenza e Costituzione (con l’interessamento personale dell’ex Consigliere Marco Bellion, attuale Assessore provinciale) e il Settore Promozione del Patrimonio Culturale e Linguistico (Sig.ra M. Ollino e Assessore G. Leo).

Siamo grati al dott. Parola, direttore dell’Agenzia CRT di Luserna S.G., che si è attivato personalmente con la Fondazione.

Esprimiamo anche gratitudine al Comune di Rorà e a quanti hanno contribuito sostenendo la ‘campagna di autofinanziamento’ con la distribuzione della Guida sulla Val Pellice (citiamo, in particolare, Sergio Benecchio, gestore del Bar Sport e della ‘biblioteca di quartiere’ di Torre Pellice, la Tabaccheria Benech, i rifugi di Alta Valle Jervis e Barbara, e moltissimi altri ‘sostenitori’ di Valle).

Ringraziamo sentitamente tutti i partigiani della Val Pellice e delle Valli confinanti, l’ANPI Provinciale e le Sezioni di Luserna S.G., Presidente Renzo Sereno, e di Torre Pellice, Presidente Giulio Giordano, sia per i contributi economici, sia per la partecipazione indispensabile alla realizzazione dell’intero lavoro.

Vogliamo ricordare il contributo significativo di alcuni ‘amici partigiani’, sperando di non urtare la sensibilità dei non citati: il ‘Presidente del Curtilet’ (Abele Bertinat), il Comandante ‘Poluccio’ (Paolo Favout), il ‘pioniere’ Gustavo Malan, il Comandante Vittorio Rostan e il Maestro ‘Edo’ (Edgardo Paschetto), la ‘sempre presente’ Maria Airaudo, la ‘prof. guerrigliera’ Marisa Diena, il poeta ‘Minor’ (Franco Pasquet), il Comandante ‘Meo’ (Luigi Demaria), il combattivo ‘Miccu’ (Bartolomeo Long), il ‘ciabattino-tipografo’ Giuseppe Senestro, il pastore valdese, esperto naturalista, Franco Davite, il vitale garibaldino della 105^ Piero Giachero, il ‘dinamitardo-sabotatore’ Iso Martinel, … e altri ‘mille’ che potrete ritrovare in questi Quaderni.

Infine, siamo riconoscenti a tutti coloro che ci hanno fornito materiali d’archivio, spesso inediti, e sono stati generosi di consigli e incoraggiamenti: dall’affabile Carmela Mayo Levi a David Terracini, dal ‘collezionista’ Picca alla ‘nonna’ Giovanna Garnier, dal compagno di ‘Chetu’ Renato Leger a ‘Lungo’ (Fiorentino Pittavino), dal ‘mitico medico’ Piero Scarognina al nostro formidabile narratore ‘Dante’ (Luigi Negro). E’ proprio vero che senza passato non esiste futuro!

Alcune considerazioni

Oggi, alle soglie del terzo millennio, eccoci puntuali all’appuntamento, nel tentativo di svolgere, almeno parzialmente, il ruolo di ‘figli della memoria storica’.

Coscienti che il carattere perenne di certe ‘idee-forza’ passa attraverso il confronto tra generazioni, nel corso di questi ultimi anni scolastici ci siamo cimentati in una Ricerca tanto interessante quanto impegnativa con obiettivi che si sono sempre più precisati nel tempo e con la finalità di realizzare gli ideali sintetizzati negli ‘slogans’ di Nonno Memo (la nostra ‘mascotte’ guerrigliera): “PER NON DIMENTICARE” e “ORA E SEMPRE: RESISTENZA!”. Tutto è iniziato dalla seconda fase del Progetto Scuola e Territorio, dopo la pubblicazione della Guida Turistica Multimediale sulla Val Pellice nel 1998.

Il lavoro originario, “I sentieri partigiani in Val d’Angrogna”, sul filone di un progetto europeo di valorizzazione della cultura materiale, si è trasformato in breve tempo nel Progetto Editoriale “I Quaderni Multimediali sulla Resistenza”. Il progetto oltre a tendere alla realizzazione di una serie di obiettivi tipicamente scolastici (cognitivi, operativi e comportamentali), già sottolineati nella precedente pubblicazione, mira a fornire al territorio un servizio d’informazione a carattere storico-sociale e turistico-promozionale.

Il prodotto finale si è concretizzato in un Cofanetto contenente 6 Quaderni (il ‘6a’ costituisce l’eccezione dovuta a problemi tecnici di rilegatura) e 2 CD-ROM e si presenta, parafrasando un famoso detto, con tutti i limiti del ‘prodotto fatto in scuola’. Il primo Quaderno non svolge soltanto un ruolo introduttivo, ma intende anche presentare alcuni esempi significativi

Gli altri Quaderni, dopo una breve introduzione storica relativa alla zona geografica di riferimento, ‘raccontano’ le esperienze vissute dai partigiani e dalla popolazione nel periodo storico della Resistenza nell’intreccio tra ricordi dei protagonisti e riscontri documentali; presentano alcuni dei percorsi e dei rifugi dei ‘ribelli’ coniugando, quando possibile, la testimonianza storico-visiva di ieri e le immagini turistico-promozionali di oggi.

Il sesto quaderno costituisce un’eccezione in quanto riporta le testimonianze dirette dei protagonisti, quando possibile ospiti del nostro Istituto (Partigiani in cattedra), attraverso la formula dell’intervista registrata ‘combinata’ con la lezione di storia e alcuni manoscritti, quasi sempre inediti. I Quaderni e i CD sono complementari: i primi sintetizzano e sono, a nostro avviso, ancora da ritenersi strumenti di pubblicazione privilegiati per la maggioranza della popolazione locale; i secondi documentano visivamente, permettono gli approfondimenti (canzoni, poesie, documenti e prodotti scolastici) e tendono a raggiungere prevalentemente la nuova generazione.

Purtroppo, dovendo scendere a patti con la realtà, siamo stati costretti a ‘ridimensionare’ il nostro lavoro, considerando che, rispetto al preventivo economico iniziale abbiamo raggiunto circa un terzo del capitale complessivo (tra contributi ed autofinanziamento). La veste editoriale definitiva vede pertanto ridotti sia il numero dei CD (meno clip video e audio), sia il numero delle pagine dei singoli Quaderni (meno fotografie e documenti). Infine, le interviste e le testimonianze, per evitare di ‘censurare’ pagine ricche di umanità e di esperienza, sono state pubblicate in versione ‘a due colori’ e con un carattere tipografico ridotto.

Gli autori

Un po’ di Storia… La Resistenza in Italia e in Val Pellice

L’8 settembre 1943 rappresenta per l’Italia una data storica: l’inizio della guerra di Liberazione, che porterà il nostro Paese verso la democrazia dopo un ventennio fascista. In un’Italia spaccata in due, al Sud avanzano gli Alleati, al Nord si fronteggiano le forze tedesche di occupazione e le brigate partigiane.

Gli scontri si susseguono a ritmo serrato ed è grazie all’aiuto dei civili se la guerriglia partigiana in molte occasioni ha la meglio sulle truppe tedesche spalleggiate dalle brigate nere. Stenti, sacrifici, morti, freddo sulle montagne, imboscate, tradimenti… nulla riesce a fermare i ribelli. Perché divenire ribelli e partecipare alla Resistenza?

Per porre fine ad una guerra non voluta; per portare all’Italia una rivoluzione sociale; per liberare l’Italia dall’occupazione tedesca. Guerra di Liberazione, ma anche conflitto all’interno del popolo italiano: bisognava scegliere.

Rassegnarsi? Schierarsi con i nazifascisti? Divenire ribelli? Chi scelse la ribellione si sentì, pur nelle forti differenze, accomunato agli altri ‘compagni di strada’ dall’idea di combattere l’oppressore. Con quali armi sconfiggerlo? Propaganda, sabotaggio, sostegno alleato, operazioni militari.

La Resistenza italiana è complessa. Fu guerra patriottica contro l’occupazione tedesca? Fu guerra civile che contrappose partigiani a repubblichini di Salò? Fu guerra di classe che tese ad una rivoluzione sociale? Fu tutto questo. Forze sociali e politiche diverse coesistevano: borghesi, contadini, operai, intellettuali, militari, studenti. Diversi, ma uguali nell’aspirazione-base: ritornare ad essere liberi.

La Val Pellice è, come ricorda Prearo, ‘Valle della libertà’, perché ha una lunga tradizione di ‘ribellismo’ e aggiunge: “La nostra lotta ebbe come protagonista il popolo e si propose un solo fine: rendere il mondo più bello e giusto. Siamo stati più che partigiani, più che patrioti, siamo stati ribelli!”.

Infatti la scelta resistenziale è un atto di disobbedienza. Quali cause spingono alla ribellione? Lo spirito di libertà, la speranza di una vittoria rapida degli Alleati?

Ragioni personali, ambizione? Paura del nemico, spirito di avventura, nostalgie patriottiche? In Val Pellice l’antifascismo, come afferma Gustavo Malan, era ‘figlio di Milano’, per merito di Rollier, che aveva raccolto gli oppositori del regime. Accanto a lui ruolo trainante avevano avuto Jervis, Lo Bue, Aime, Lombardini.

La Val Pellice è ‘culla della Resistenza’? Per Gustavo Malan sì. ‘Senza falsa modestia!’ L’antifascismo valligiano, formatosi negli anni della guerra (1940-1942), vedeva studenti, operai e contadini che si organizzavano attorno al ‘Caffè Italia’.

Nella primavera-estate 1943, il gruppo di Torre Pellice e di Luserna S. Giovanni, guidato dai fratelli Malan, attraeva a sé Sergio Toja, Giulio Giordano, Fredino Balmas e attuava una forte attività politica in clandestinità: fu l’unico gruppo a prendere coscienza prima dell’otto settembre 1943 e a divenire elemento coordinatore della Resistenza nelle Valli Valdesi. Verso la metà settembre si tentò di creare una organizzazione partigiana: fu scelto come centro organizzativo l’Alta Val d’Angrogna, la zona del Chiot. Il comando di valle andò a Roberto Malan, appoggiato da Agosti.

Vari gruppi partigiani, futura Brigata Val Pellice, nascono nella seconda metà di settembre: gruppo di Serre di Sarsenà, gruppo di Villar Pellice, della Bodeina, del Bessè, di Jraìj, del Ciarmìs, del Chabriols, della Sea, degli Ivert, di Martina, del Sap, del Bagnòou. Ruoli di guida furono assunti dalla banda del Bagnòou e dall’Intendenza, coordinati dal comando guidato da Roberto Malan, coadiuvato dal fratello Gustavo e da Giulietto Giordano.

Nel maggio del ’44, i gruppi delle Valli Valdesi presero il nome di ‘Giustizia e Libertà’ e furono organizzati come Colonna GL Val Pellice ‘Sergio Toja’, guidata da Prearo, e Colonna GL Val Germanasca ‘Paolo Braccini’, guidata da Poluccio Favout. I Garibaldini controllavano la Val Luserna e i G.L. la Val Pellice e la Val d’Angrogna: formazioni diverse, ma legate da spirito unitario.

Insieme al Bagnòou …aspettando l’alba del 2000!!!

Commemorazione del Bagnòou.

Domenica 4 settembre, secondo una quasi ventennale tradizione, i partigiani delle valli Pellice, Germanasca e Chisone si sono ritrovati al Bagnòou di Angrogna per ricordare insieme l’8 settembre ’43 e la conseguente nascita delle formazioni partigiane.

In una luminosa giornata di sole, sono saliti al Bagnòou, assieme ai partigiani, numerose autorità e molti valligiani che, ancora una volta, hanno voluto essere vicini ai Combattenti per la Libertà.

Dopo il saluto del Presidente dell’A.N.P.I. di Torre Pellice, il popolare ‘Giulietto’, hanno preso via via la parola diversi oratori che, nei loro interventi hanno messo in risalto il valore morale e storico della lotta resistenziale.

Al termine della manifestazione ufficiale, un centinaio di persone, prima di accomodarsi ai lunghi tavoli allestiti nei pressi della Ca’ d’la Pais per consumare in allegria un lauto pranzo, hanno potuto visitare, novità di quest’anno, la mostra sulla Resistenza allestita sotto il porticato dai Coordinatori del gruppo di lavoro dell’Alberti in collaborazione con la Pro Loco di Angrogna.

Terminata la cronaca dell’avvenimento, mi siano consentite alcune riflessioni personali sulla manifestazione. La cerimonia si è svolta più o meno sulla falsariga di quella degli anni precedenti con l’unica differenza (Un bene? Un male?) che gli oratori sono stati molto concisi.

L’oratore ufficiale, il Sindaco di Luserna Piergiorgio Ghibò, ha posto al centro del suo breve, ma efficace, intervento la poesia di Quasimodo ‘Alle fronde dei salici’, per invitare a riflettere sull’orrore della guerra e della violenza e a difendere i valori per i quali molti italiani hanno sacrificato la loro esistenza.

La giornata non potrebbe essere più limpida: a perdita d’occhio l’azzurro del cielo ed il verde della valle.

Arrivano a piccoli gruppi: sono i vecchi combattenti della Val Pellice, della Germanasca e della Val Chisone, con i loro fazzoletti bianco-verdi al collo e scarponcini da montagna. Portano le bandiere e vengono a ritrovare i loro ricordi.

Si conoscono tutti e si rivedono con evidente piacere; si scambiano rudi abbracci e si scrutano attorno per vedere fra i presenti se ci sono altre fisionomie note. Si contano, anche. Qualcuno non c’è più e l’assenza vena i loro sguardi di malinconia. La cerimonia è sobria e l’omaggio ai caduti è sottolineato dalle note di una tromba che tradisce, con il suo suono incerto, un’emozione malcelata.

Tutti irrigiditi sull’attenti, i partigiani ritrovano la fierezza giovanile e si capisce che molti pensieri stanno invadendo la mente.

I discorsi ufficiali sono essenziali, perché si parla a chi sa e non dimentica. Pian piano tutti sciamano verso la Ca’ d’la Pais. Pareti bianche, porticato ombroso, profumo diffuso di polenta che cuoce in un enorme paiolo ed aroma di spezzatino, dialoghi che si intrecciano, risate e battute, frizzante vinello per aperitivo. L’attenzione è catturata dai bianchi cartelloni della mostra sui ribelli del Bagnòou, che non avrebbe potuto trovare una cornice più adeguata. Le colorate foto dei ‘sentieri partigiani’, i ritratti in bianco e nero un poco sbiaditi dei gruppi di partigiani, le brevi scritte sui taccuini che forniscono frammenti di storia passata polarizzano l’attenzione e stimolano la parola. Si identificano volti, si chiariscono episodi, si forniscono informazioni, si offrono collaborazioni e consigli… Si ricorda. Si diventa amici, perché si parla lo stesso linguaggio. Incominciano a formarsi gruppi vicino alla lunga tavolata, arrivano piatti fumanti di polenta e salsicce, formaggi di montagna, pane casareccio e bottiglioni di vino generoso.

L’allegria aumenta, si intrecciano i dialoghi ed i sorrisi. Il vecchio comandante (Favout, Miccu, …) è circondato dai suoi vecchi partigiani, come una volta: c’è intesa, come se non si fosse mai interrotto nulla, come se il tempo non fosse passato; si colgono lo stesso rispetto , la stessa fiducia e lo stesso orgoglio, anche se gli anni ci sono e gli acciacchi pure. In disparte qualcuno intona nostalgiche canzoni in patois, alle quali si alternano strofe in francese o inni partigiani. Le ore passano in un soffio.

Si sta bene con questi ‘vecchi’, si capisce il valore della calma. E’ arrivato il momento di ritornare e tutti si ripromettono di voler resistere per l’alba del 2000.

Ritrovarsi a Pontevecchio. Ricordando il 21 Marzo 1944

In memoria di Ulisse. Marzo 1998.

La commemorazione ha visto il suo inizio nella Palestra Comunale di Luserna San Giovanni con uno spettacolo del Gruppo Teatro Angrogna. Jean Louis Sappè e Maura Bertin hanno presentato, attraverso vecchie canzoni, documenti storici, testimonianze di protagonisti e ideazione teatrale, il periodo drammatico della Resistenza ed in particolare la battaglia di Pontevecchio, ricostruita attraverso i pensieri, le emozioni, le paure e gli ideali di un giovane uomo della classe 1922, Renzo, nato dall’incontro tra storia-verità e fantasia-interpretazione, messo di fronte ad un’importante scelta esistenziale.

Alla celebrazione hanno preso parte alcune classi delle scuole di Valle, partigiani provenienti da molti comuni della provincia ed autorità locali. I momenti della drammatizzazione, sottolineati dagli accordi sapienti della chitarra e dalle strofe di canti ormai parte del nostro patrimonio culturale collettivo, hanno ripercorso la storia di una esistenza dipanatasi tra Fascismo e lotta Resistenziale, nella quale ciascuno avrebbe potuto riconoscersi… e molti, vecchi partigiani e staffette presenti, si sono visibilmente commossi, perché nella vicenda teatrale hanno ritrovato parte del loro vissuto personale. Terminato lo spettacolo, tutti, con auto private o con automezzi messi a disposizione dall’ANPI, hanno raggiunto la località di Pontevecchio, nell’Alta Val Luserna, dove la cerimonia ufficiale ha ricordato gli avvenimenti del 21 marzo 1944, quando ingenti forze nazifasciste, appoggiate da mezzi blindati, attaccarono le postazioni dei garibaldini che controllavano la Val Luserna.

Il sindaco, alcuni esponenti dei ‘ribelli’, non più giovani, ma con lo stesso spirito battagliero di allora, e alcuni ragazzi delle scuole medie di Valle hanno ricordato l’episodio e la morte di Ferrero Augusto, nome di battaglia ‘Ulisse’, e degli uomini del suo distaccamento.

L’ultima lettera che questo partigiano ha indirizzato ai suoi genitori è traboccante d’affetto per loro ed è un testamento spirituale, stilato poco prima di entrare in azione, nel quale si parla di onore, di amore per la propria terra, di senso del dovere, di orgoglio per la consapevolezza di una scelta giusta contro l’odiato nemico e di certezza che il sacrificio della propria vita non sarà inutile.

‘Cari genitori, Mamma adorata, ti scrivo prima che la mia squadra entri in azione contro l’odiato nemico. Non so se ti vedrò mai più. Qualunque cosa avvenga ricordati però che tuo figlio si è sempre comportato da uomo d’onore. Grazie mamma, e grazie anche a te, povero papà, per quello che mi avete insegnato: ho imparato da voi ad amare la mia terra al di sopra di ogni cosa, ed ora è giunto il momento di provare questo amore. Già si sentono le prime scaramucce, tra poco tocca a noi.

Non ho paura, anzi sono tranquillo. E faremo veder anche questa volta cosa è la squadra Balestrieri, e chi sono questi partigiani del popolo. Ma voi operai, e tu caro papà con loro, devi lottare come noi abbiamo lottato perché questa causa deve essere come una sorgente, come una splendida aurora per il lavoratore; mi dovete capire, cari genitori, avrei potuto come tanti altri giovani senza scrupoli restare a casa accanto a voi; ma non posso perché so che voi stessi non mi approvereste se mi mostrassi infingardo e vile davanti a me stesso e alla mia famiglia.

Mamma cara, anche se non tornassi, tu potrai avere l’orgoglio che tuo figlio è caduto per la grande Italia. Pensa mamma, siamo degli Italiani pronti a dare la vita per la nostra terra, guidati da un comandante che per noi è un fratello. Sento che gli altri ci seguiranno fra non molto e che la nostra terra sarà salva. Il nostro sacrificio non sarà quindi inutile. Ti stringo forte, forte; il momento dell’azione è vicino. Viva per sempre la nostra terra, a morte i fascisti e i traditori, fuori i tedeschi e libertà al popolo.

Tuo Augusto.’

Ulisse non rivedrà più i suoi genitori, né la realizzazione del suo sogno di libertà, perché verrà fatto sfracellare dalla roccia che incombe su Pontevecchio, ma proprio lì sotto, dove è stato innalzato un monumento ai caduti, tutti gli anni vengono deposte corone di fiori: non è un rito retorico, ma un segno che la memoria non si è affievolita e la guardia non si è abbassata.

Ricordando il Ticiun!!! … Sconfinando in Val Germanasca

I fatti del Ticiun.

“Nel novembre 1944 Gino Bounous, con la sua squadra di giovani, era acquartierato nella mianda chiamata ‘lou Ticiun’ e stava soffrendo molto perché ammalato e con la febbre alta. Questo Bounous era reduce del confino di mussoliniana memoria. Lo avevano beccato nell’Osteria dell’Orso, vicino al ponte di San Germano con alcuni amici che cantavano Bandiera Rossa e si era fatto ben 20 mesi di confino.

Quando giunse l’armistizio dell’8 settembre 1943, Bounous era poi stato fra i primi a formare la Resistenza. Essendo nato nel 1913 Bounous era un tipo che aveva una certa esperienza e che sapeva quello che si faceva. Purtroppo quando il destino ti è avverso tutto succede.

L’11 novembre 1944 era a letto con la febbre e quando, guidati da spie, arrivarono i nazifascisti non potè reagire all’improvviso attacco e venne massacrato con altri quattro dei suoi giovani compagni mentre altri tre si salvarono perché non erano in zona. Uno solo dei partigiani venne risparmiato ma non si seppe mai il perché…”

Emilio Travers (Mille)

“Al Ticiun c’era una baita nascosta in cui stavano 9 partigiani, il loro capo era Gino Bounous; egli stava male, aveva la febbre e i suoi uomini lo curavano. Quegli uomini pensavano di essere sicuri tra quelle rocce, ma si sbagliavano, qualcuno fece la spia. Il mattino dell’11 novembre del ’44 arrivarono i tedeschi, la sentinella non li vide. I tedeschi uccisero cinque partigiani, gli altri riuscirono a scappare, uno lo presero prigioniero. I tedeschi, dopo averli uccisi, maltrattarono i loro corpi e poi incendiarono la baita.

I contadini di Pramollo quando videro il fumo andarono a prendere i corpi dei partigiani uccisi”

Alessandro Sappè allievo di 5^ elementare a Pramollo nel 1989 dal libro “Sui sentieri dei partigiani” Aprile 1990 – Alzani Editore.

Una domenica alternativa

Alcune settimane fa ci è stato proposto di partecipare alla mostra sulla resistenza che si sarebbe tenuta a Pramollo l’8 novembre. Non si sarebbe trattato della nostra prima esperienza, infatti avevamo già svolto questo “lavoro” a Torre Pellice e ad Angrogna. L’idea ci ha interessato perché abbiamo collaborato in parte anche noi alla creazione di quest’opera. La raccolta del materiale non risultò neanche allora una cosa noiosa, infatti alcune persone che contattammo decisero di raccontarci la loro storia e di imprestarci alcune loro foto a cui tenevano molto. Dobbiamo confessare che prima di quella domenica non sapevamo neppure dov’era Pramollo, oltretutto l’idea di alzarci così presto non ci entusiasmava. Appena arrivate lassù abbiamo cambiato opinione, trovando un ambiente caldo e confortevole dove svolgere i nostri compiti. Dopo circa un’ora il pubblico ha iniziato ad affluire. La cosa più piacevole è stata che con queste persone abbiamo instaurato un dialogo e un sentimento di reciproca stima fin dall’inizio. Questi anziani, erano felici, dopo essersi muniti di occhiali, di rivedersi nelle foto d’epoca, presentate al computer. A poco a poco abbiamo notato che la sala si stava spopolando: l’ora di pranzo si avvicinava. Anche noi siamo state invitate a consumare il pranzo con la comunità. Appena sedute, ci siamo accorte che i nostri commensali guardavano con rispetto i cartellini che avevamo al petto e cercavano di leggere il nome della scuola e i nostri. Infatti davamo un po’ nell’occhio essendo le uniche due persone sotto i quarant’anni in quel locale, per fortuna questo sentimento di disagio non è più tornato durante la giornata: eravamo in presenza di “amici” veramente gagliardi e gentili. Quello che ci ha stupito è stato l’affetto che questi ”vecchietti” hanno riversato su di noi, anche se ci conoscevamo da poche ore. In pratica per un giorno siamo state “adottate” da cento nonni. Nonostante le età diverse, non è stato un problema instaurare un dialogo con loro: ci siamo sorprese nel trovarli così moderni e al passo con i tempi. Abbiamo avuto modo di confrontare la loro giovinezza con la nostra. Infatti anche se è passato appena mezzo secolo da quando loro erano adolescenti, le cose sono cambiate radicalmente. Credevamo di dover passare una domenica noiosa e priva di divertimento, invece quando è giunta l’ora di partire, ci dispiaceva andare via. Avremmo continuato ancora a lungo a discorrere con questi ex-partigiani e con le loro mogli. Pensavamo di non avere nulla in comune e nulla da dire a queste persone, ma abbiamo scoperto che ci sbagliavamo. Occorre imparare ancora molto da loro e far tesoro dei consigli che ci danno. Per questo motivo, quando ci siamo salutati alla fine della giornata, il nostro non è stato un addio, ma un arrivederci a presto.

Simona Bocco & Noemi Gemesio Classe 5^ B/Comm. – a.s. 1998-’99

Montoso 2000. Tra Commemorazione e Festa Popolare

Una festa ‘garibaldina’.

Anche quest’anno, all’inizio dell’estate, fervono i preparativi, iniziano le prime riunioni organizzative, si impostano le bozze dei volantini, … si fanno i primi passi verso il fine settimana stabilito per la commemorazione del Montoso. Chiaramente, il primo ad essere coinvolto è il Comitato Intercomunale, con attivisti indiscussi come la Maria Airaudo, ma anche l’ANPI di Luserna San Giovanni è impegnata nei preparativi. Il suo Presidente, Sereno Renzo, riunisce i suoi collaboratori, partigiani e simpatizzanti, e… si vedono i primi cartelloni, i listelli per la messa in opera delle strutture per la mostra, i megafoni per la gestione della corsa podistica,… Quest’anno sono stati coinvolti anche l’Istituto Alberti, per la presentazione di una mostra con le pagine del ‘Demo’ sui Quaderni Multimediali sulla Resistenza, e la Scuola Elementare di Bagnolo, con disegni dei bambini di due classi quinte. D’altra parte, tutti gli anni si svolge in questa occasione un concorso, che coinvolge le scuole della zona, con disegni sulla Resistenza.

Finalmente arriva il sabato 8 luglio e, nel primo pomeriggio, ‘sbarchiamo’ a Montoso. Nella piazza troviamo già perfettamente allestito il palco maestoso dove si svolgeranno le premiazioni, i discorsi delle autorità e… dove la Bandamania si impegnerà in musiche e canti per rallegrare il numeroso pubblico. Sempre nella piazza, incontriamo alcuni organizzatori e, in particolare, Renzo e Michelin (Airaudo) che montano con metodo ed esperienza la struttura per la mostra all’aperto. Dobbiamo sottolineare ‘aperto’, perché nella notte successiva un vento dalla forza inaspettata ha ‘sbaraccato’ buona parte dei cartelloni che, a fatica, siamo riusciti a rimontare parzialmente la domenica mattina!

Ma come si usa dire, l’importante è la salute, e…nonostante tutto la festa ha funzionato e, sia i partigiani, sia i ‘curiosi’ si sono accontentati. Abbiamo addirittura ricevuto i complimenti dal ‘mitico’ comandante Petralia (Vincenzo Modica), che ha anche esortato il nipote a partecipare alla mostra il prossimo anno. Comunque, l’avvenimento centrale del sabato è stata la corsa podistica, con premiazioni sul palco la domenica mattina, anche perché la fiaccolata organizzata per la sera precedente è stata soppressa a causa del ‘maledetto’ vento. La domenica mattina ha visto i cortei delle commemorazioni diretti ai monumenti del luogo e, in particolare, lungo il ‘sentiero della pace’. I discorsi delle autorità hanno ricordato più volte l’eroismo delle formazioni partigiane che hanno operato nella zona e il comandante Petralia si è soffermato particolarmente sulla ‘Battaglia della Prabina’, battesimo del fuoco delle formazioni garibaldine! Tra i numerosi presenti abbiamo potuto riconoscere molti partigiani, garibaldini di altre formazioni, giovani e anziani di varia provenienza, nostri ex-allievi e… come ha commentato Sereno Renzo: “Molta gente che altrimenti non avrebbe forse mai sentito parlare di Resistenza!” Abbiamo anche partecipato al ‘pranzo partigiano’ in un albergo nella piazza con centinaia di commensali che discutevano, chiacchieravano e mangiavano in allegria. Anche qui si ripetono le occasioni di incontro, di racconto, di partecipazione ad un avvenimento collettivo che, pur nella confusione di una festa, ti fa riflettere! Nel pomeriggio, dal palco si sprigionavano le note della festa, la gente si muoveva da un punto all’altro della piazza: dal sottopalco al banchetto dei libri, dalla mostra alle bancarelle del mercatino-fiera, … un po’ qui e un po’ là, ma senza mai potere e senza mai volere estraniarsi dal ‘vento partigiano’ che spadroneggiava a Montoso in questo particolare week end.

Ritrovarsi oltre confine. Una Commemorazione partigiana

Una commemorazione partigiana.

La Montà oggi: una chiesetta di montagna, un cimitero per i caduti di tutte le guerre, un posto tappa GTA dove si può, come recita il cartello di accoglienza, ‘mangiare, bere e riposare’. Praterie di montagna, conifere, la mole del versante francese del Palavas ed il Colle della Croce, da cui scende ripida una bella mulattiera, un tempo come oggi collegamento tra la Val Pellice e la Regione del Queyras, completano il quadro. L’aria di montagna è frizzante e, di tanto in tanto, il cielo si imbroncia. Ci sono silenzio ed immobilità, poi, a poco a poco, questo fondale si anima di vita: stanno arrivando i maquisards e le loro famiglie, i partigiani dell’ANPI, le autorità francesi, la delegazione italiana della Val Pellice, alcuni sindaci con le loro fasce tricolori, picchetti d’onore con le bandiere decorate, mazzi di fiori per omaggio ai caduti, una solitaria ed inconsueta donna-trombettiere, che prova alcuni passaggi della Marsigliese, ragazzini ‘multietnici’ di un centro vacanze estivo, nonni con nipoti, padri con figli… L’aria è un intreccio di francese, patois, italiano e piemontese, un intreccio di saluti e di vigorose pacche sulle spalle, un sovrapporsi di colori… Al rintocco lento, ma nitido delle campane che riecheggia nelle gole del Guil, tutti affluiscono in chiesa per il rito religioso e poi, in corteo, con passo deciso, verso il cippo attorno al quale si svolgerà la ‘cerimonia laica’ con le sue ufficialità, i suoi momenti di emozione, di ricordo, di silenzio con l’omaggio delle bandiere e con il suono netto e solitario della tromba che intona, nel silenzio diventato assoluto della montagna, le note orgogliose della Marsigliese. Un brivido di emozione serpeggia fra i presenti e poi esplode un applauso, forse liberatorio. Si sono ricordate la guerra, le lotte contro il nazifascismo, gli asili politici, i momenti di tensione o di ostilità alla frontiera, i momenti di fratellanza… La montagna, quando se ne colga il giusto spirito, non separa, ma riunisce, rafforza i vincoli, perché ad essa si legano comuni fatica, fame, freddo, paura, morti, agguati… tutti gli orrori che una guerra può portare e che gli ideali possono e dovrebbero combattere. I maquisards e i partigiani sono uniti nell’orgoglio consapevole del loro contributo; gli uni esibiscono con fierezza il loro basco, gli altri i loro fazzoletti verdi, tricolore o rossi. Le differenze ideologiche, di fronte al bene comune della libertà minacciata, sono state conciliate durante la guerra e ancor di più lo dovrebbero essere oggi. Alla spicciolata, tutti si ritorna vicino alla chiesa, dove, nei pressi di una fontana di acqua sorgiva, è stato organizzata una simpatica bevuta a base di pastis, robusto vino rosso e tramezzini: è un allegro saluto di arrivederci all’anno dopo, prima di tornare a casa con un velo di malinconia, perché chi per tanti anni aveva favorito il ‘riavvicinamento’ dei cugini francesi ed italiani, Ribet, è morto e la notizia ha turbato quanti ne hanno conosciuto ed apprezzato l’operato.

Il Gruppo Teatro Angrogna Canta …la Storia! Una lezione ‘alternativa’

Oggi c’è Storia… che bello! Già, ma non è una normalissima lezione: non stiamo seduti al banco con il libro davanti e non ascoltiamo neppure la professoressa. Andiamo in Biblioteca, dove un gruppo di cinque persone ci sta aspettando. Ci sediamo. Un uomo ha in mano una chitarra e lo spartito davanti a sé. Sta provando alcuni accordi. Ci sono altre tre donne ed un uomo, quest’ultimo con un cappello di feltro nero e un triangolo. Subito siamo un po’… come dire… diffidenti, ma è la prima volta, si capisce! Queste persone ci racconteranno attraverso le note di canti popolari la storia dal Risorgimento ad oggi. E’ il Gruppo Teatro Angrogna. Dopo essersi presentati, iniziano a cantare… e anche molto bene. Devono aver fatto molte prove prima di venire da noi, credo. Eseguono con bravura pezzi molto orecchiabili come “La bella Gigugin”, incalzanti come “Bandiera rossa”, altri più tristi come “I briganti neri” ed altri più travolgenti come “Bella ciao”. Ogni tanto, quando c’è una canzone che conosciamo, ci chiedono di cantare con loro. Non è che cantiamo troppo bene, però ci divertiamo e, nel frattempo, impariamo. Altre volte, siamo noi a richiedere il bis dei pezzi che ci sono piaciuti di più. L’ora passa in fretta e torniamo in classe un poco di malavoglia. Le lezioni di storia programmate con il gruppo sono state cinque ed ogni volta la cosa ci è piaciuta di più. Ora, l’esperienza è conclusa. Peccato!

Spero che l’anno prossimo, quando avremo storia, ci ritroveremo di nuovo in Biblioteca, ad ascoltare quei canti che non devono essere dimenticati. Sono la nostra storia. Arianna Rosso – seconda A/Operatore Turistico – maggio 1998

Collage di emozioni

“L’intervento più significativo, secondo me, è stato l’ultimo, quando ci hanno cantato le canzoni come “Bella ciao” e “I briganti neri”, che io, attraverso i miei nonni ed i miei genitori, conoscevo già… Ho apprezzato anche le letture drammatizzate di testimonianze di uomini e donne che hanno lottato e sono morti per la libertà”.

Abhinav Silecchia – seconda A/Operatore Turistico – maggio 1998

“La gente del Gruppo Teatro Angrogna è molto simpatica. Penso che con un’iniziativa simile si riesca meglio a far ricordare la storia a noi studenti che, di solito, la troviamo noiosa. E’ stato coinvolgente capire attraverso i canti popolari, il punto di vista della gente comune, che ha vissuto veramente le cose da noi studiate… Gli studiosi, per quanto ricchi di intelletto possano essere, hanno provato meno la fame e la povertà, l’ingiustizia, la guerra sulla loro pelle, anche se hanno vissuto nello stesso periodo, perché non facevano parte della gente comune, della “povera gente”… Il bello di questa esperienza è anche che, attraverso questi canti, riusciamo a dare un volto vero alla storia; non ci soffermiamo tanto su date, numeri, battaglie o episodi… Letta sui libri la storia non è la stessa cosa, perché ci si passa su con più leggerezza, come se fosse una storia di fantasia, come se quello che noi studiamo non fosse mai successo… Certe situazioni storiche studiate in questo modo danno, come ha detto anche la nostra insegnante, “un pugno nello stomaco”, perché ci fanno accorgere che la crudeltà, la brama di potere e di combattere, spesso rappresentate nei film, esistono davvero; che c’è stato davvero qualcuno capace di ammassare gente ed ucciderla come se fosse roba da buttare; che è importante non dimenticare niente di tutto questo”.

Elisa Ceste – seconda A/Operatore Turistico – maggio 1998

“Ci hanno cantato e drammatizzato canti sui partigiani, sulla guerra civile, sulla paura dei rastrellamenti e della morte. …Non ho parenti che abbiano fatto i partigiani e che mi possano raccontare in diretta come vivessero, ma dai canti ascoltati ho potuto capire quante persone innocenti siano state uccise solo perché chiedevano libertà…”.

Cristina Tinetti – seconda A/Operatore Turistico – maggio 1998

“Spesso riuscivamo a riconoscere i canti proposti, proprio perché legati alla realtà locale ed alle esperienze familiari, chi avendoli sentiti magari dai nonni, chi avendoli cantati in coro con gli amici. Gli incontri previsti erano cinque, ognuno con un tema particolare, sostanzialmente inerenti alle due guerre mondiali ed alle lotte partigiane, alle condizioni degli emigranti e a quelle dei lavoratori. Tutti i temi erano tra loro legati da un sottile filo conduttore, che era la libertà del singolo individuo che deve sconfiggere le costanti prevaricazioni… Questo modo di vivere la storia non può che essere di grande interesse ed impatto emotivo, poiché integra la lezione frontale e ci rende consapevoli del nostro coinvolgimento…”.

Sara Costabel – 4^ A/Operatore Turistico – maggio 1998

“Sabato 4 Aprile 1998: inizia il ciclo di lezioni di storia con il GTA. Siamo molto attenti ad ascoltare i canti popolari che in un modo diverso ci hanno fatto imparare cosa sono state le rivoluzioni, gli scioperi, la vita dei partigiani… Oggi noi possiamo ricordare quei tempi di lotta e ritenerci fortunati, perché grazie a uomini che hanno vissuto la paura della guerra, lo sfruttamento nelle fabbriche, la solitudine sulle montagne, il nostro presente può essere migliore”.

Sara Turina seconda A/Operatore Turistico Maggio 1998

“A scuola, di solito, si studia la storia fatta dai grandi, non quella dei piccoli che la subiscono… Quest’esperienza mi ha coinvolta perché i canti popolari che ci sono stati proposti mi hanno presentato persone come me e le ho sentite parte della mia storia…”

Barbara Ramondini – 4^ A/Operatore Turistico – maggio 1998

“Questi canti popolari ci hanno offerto, oltre ad un insegnamento più incisivo, lo stimolo per riflessioni sulla nostra condizione privilegiata e sulla nostra vita, nella quale spesso diamo per scontati ed acquisiti sicurezza economica, affetti, e valori quali la libertà, che non lo sono affatto, se si “abbassa la guardia” e non si continua a lottare per mantenerli”.

Silvia Crespo – 4^ A/Operatore Turistico – maggio 1998